Luisella Urietti

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Ansia da separazione dal lavoro:
oltre il senso di responsabilità

Ansia da separazione dal lavoro

Ansia da separazione dal lavoro: tutti i lavoratori sanno fin troppo bene di cosa si tratta. Se anche non la conoscevamo prima – cosa praticamente impossibile – durante il periodo dell’emergenza sanitaria è diventata una presenza costante. Cambiamenti, incertezze, instabilità… separazione dal proprio luogo di lavoro e dal proprio luogo di lavoro , che normalmente è motivo di forza, sinonimo di espressione delle nostre competenze e capacità, nonché fonte di riconoscimento e di guadagno.
Perdere il controllo della situazione.
Subire scelte non decise.
Avere la sgradevole e costante sensazione d’incertezza, d’instabilità.
Mai come in questa condizione ci confrontiamo con la nostra resistenza al cambiamento.
È vitale, in qualsiasi situazione di emergenza, riuscire ad essere flessibili. Più resistiamo e più l’ansia aumenta parallelamente alla sensazione di perdere il controllo, non solo del nostro lavoro, ma della nostra vita.
È necessario fare qualcosa: proviamo a pensare quante cose nel mondo non dipendono dalla nostra volontà: il meteo, l’andamento dell’economia mondiale…
Dunque ci sono eventi, situazioni, condizioni che sono completamente fuori dal nostro controllo. La separazione dal lavoro può rientrare fra di essi.
Certo, sviluppare questo pensiero non è la soluzione del problema, ma ci restituisce l’immagine che non tutto dipende da noi e, allo stesso tempo, che non siamo responsabili di tutto.
Siamo separati dal nostro lavoro ma siamo ancora noi, con le nostre capacità, qualità, talenti e competenze che stanno dentro di noi e “si spostano” con noi.
Questo è il primo ed importante passaggio mentale per vivere la situazione senza esserne travolti.
E da questo pensiero si può partire per valutare la situazione, analizzare e vedere se e cosa possiamo fare.

Chi sono

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Attraverso la mia attività di life teaching mi occupo di benessere psicofisico. I miei punti di forza sono l’approccio combinato, mentale e fisico: esso serve innanzitutto per far luce sui sintomi, poi per imparare a gestirli e, infine, scoprire che hanno anche radici emotive (lavorative, di relazione, familiari…).

Senza la consapevolezza che l’essere umano è uno (olos) e che tutto quello che succede sul piano fisico ha un riflesso su quello emotivo (e viceversa), questo lavoro risulta incompleto. I sintomi possono ridursi o scomparire… ma è un risultato temporaneo: prima o poi lo stesso sintomo, aggravato, o un altro sintomo evidenzieranno un disagio che ha radici più profonde.

L’approccio individuale (ogni persona è unica, esattamente come tutti gli altri) permette di affrontare il sintomo – che in genere costringe la persona a rivolgersi a un professionista – in modo esclusivo, mentre il cliente impara via via a diventare un “esperto” di se stesso.

Respirazione, attenzione, presenza, consapevolezza ed esercizi personalizzati (training) permettono di far fronte al problema, di gestirlo e – infine – di superarlo. Inoltre, gli strumenti appresi rimangono per sempre a disposizione.

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